Mansioni superiori e diritto alle differenze retributive

Tribunale di Bolzano 10 ottobre 2011
Giud. Puccetti; Ric. F.S.; Res. F.O.S.J.H.
Differenze retributive – Eccezione – Accordo –
Decadenza – Prescrizione – Compensazione –
Contestazione – Consapevolezza – Inderogabilità
– Nullità assoluta – Annullabilità – Perentorietà
– Organico – Programmazione – Frode –
Onere della prova – Prescrizione
L’atto che impedisce l’acquisizione di un diritto
attribuito da norma inderogabile è viziato da nullità
assoluta, mentre per l’atto dispositivo del diritto
già acquisito dal titolare rileva l’istituto dell’annullabilità
del negozio compiuto in violazione della
norma inderogabile.
Nota – Il lavoratore, adducendo di essere stato sistematicamente
impiegato con mansioni superiori dal 2003,
chiedeva l’accertamento del proprio diritto ed il conseguente
inquadramento nella qualifica professionale superiore,
con condanna della convenuta al pagamento delle
differenze retributive. Radicatosi il contraddittorio, la
convenuta eccepiva, in via preliminare, l’intervenuta decadenza
delle domande proposte in giudizio dal ricorrente
in virtù dell’accordo ad personam (intervenuto successivamente
rispetto alla data indicata quale inizio dello
svolgimento delle mansioni superiori), con il quale egli
rinunciava a «far valere qualsiasi pretesa traente origine
a cura di Stefano Ascioni Avvocato in Bolzano e Roma – Studio legale associato Palumbo, Ascioni, Abate
Guida al Lavoro
IL SOLE 24 ORE
RAPPORTO DI LAVORO
Giurisprudenza
N. 12 – 16 marzo 2012 42
direttamente o indirettamente dalla definizione che le
verrà attribuita nella presentazione dell’organico …»,
concludendo, nel merito, per la reiezione del ricorso. In
particolare, rilevava che il ricorrente aveva svolto le mansioni
superiori nel rispetto di un’apposita facoltà che era
stata riconosciuta dal Ccnl del settore, nell’ipotesi di
sostituzione di altro collega con diritto alla conservazione
del posto ed, in ogni caso, per sostituire il collega che
doveva svolgere altre mansioni e, comunque, per un periodo
mai superiore ai tre mesi. In via subordinata, il
datore di lavoro eccepiva la prescrizione, per quanto
riguardava le richieste economiche nonché la compensazione
delle somme eventualmente dovute con quelle che
erano state corrisposte per l’espletamento delle mansioni
superiori. Acquisite le prove documentali prodotte dalle
parti, assunta la prova orale, la causa veniva discussa e
decisa con accoglimento della domanda del lavoratore.
Sull’eccezione preliminare, il giudice adito rilevava che
dalla piana lettura del contratto ad personam emergeva,
senza ombra di dubbio, che la rinuncia del lavoratore
aveva ad oggetto esclusivamente diritti futuri (pro futuro)
e non poteva, quindi, valere per l’attività medio tempore
di fatto svolta e non ancora oggetto di contestazione e,
quindi, riferibile ad un diritto in fieri implicitamente non
suscettibile di atto abdicativo consapevole da parte del
lavoratore. Al riguardo, l’organo giudicante richiamava
l’insegnamento della Suprema Corte, secondo il quale le
norme inderogabili che attribuivano un diritto a favore
del lavoratore potevano essere violate o da un atto (che
incideva sul cosiddetto momento genetico del diritto stesso)
che ne impediva l’acquisizione o, da un atto, (che
incideva sul cosiddetto momento funzionale) dispositivo
del diritto che era già acquisito dal titolare. Mentre nella
prima ipotesi era configurabile una nullità assoluta e
come tale insuscettibile ai sensi dell’articolo 1418 c.c. di
sanatoria e sempre rilevabile d’ufficio, con conseguente
inapplicabilità della disciplina dettata dall’articolo 2113
c.c., nella seconda ipotesi, rilevava, invece, l’istituto dell’annullabilità
del negozio compiuto in violazione di dette
norme, da far valere nel termine perentorio previsto dall’articolo
2113 c.c. Nel merito, il giudice riteneva che in
fatto dalla documentazione in atti nonché dall’escussione
del collega sostituito, emergeva che l’utilizzazione sistematica
del ricorrente era determinata dal sottodimensionamento
dell’organico ed da un’effettiva carenza di personale.
In diritto, veniva osservato che il diritto del lavoratore
all’inquadramento superiore ex articolo 2013 c.c.
non richiedeva, nel caso di molteplici assegnazioni a
mansioni superiori per un periodo superiore al trimestre,
la dimostrazione di un intento fraudolento del datore di
lavoro, essendo al riguardo sufficiente una programmazione
iniziale degli incarichi e una predeterminazione
utilitaristica di siffatto comportamento inteso ad ovviare
ad esigenze regolari o comunque con prevedibili periodicità
(cfr. Cass. n. 11098/1997; Cass. n. 2624/2004).
Al riguardo, veniva precisato che la Suprema Corte (cfr.
Cass. n. 9550/2007 nonché da ultimo Cass. n. 12460/
2011) aveva chiarito in merito alla ripartizione dell’onere
della prova, che «la reiterata assegnazione a mansioni
superiori per periodi inferiori singolarmente considerati,
al termine previsto dall’articolo 2103 c.c., ma superiori
per cumulo di più di esse, può rilevare l’intento del datore
di lavoro meramente elusivo della disposizione finalizzata
alla cosiddetta promozione automatica, quando non
sussista contemporaneamente la prova, il cui onere è a
carico dello stesso datore di lavoro, di aver fatto ricorso a
tali modalità nella gestione delle assegnazioni provvisorie
per assicurare la vacanza del posto da coprire obbligatoriamente
per il tramite della procedura concorsuale o
selettiva, e per il periodo necessario alla definizione di
essa». Nella fattispecie, era emerso che l’utilizzazione in
mansioni superiori, sebbene inferiore al trimestre, era
stata svolta con tale sistematicità ed intensità tale da
ritenere esistente un intento fraudolento finalizzato ad
eludere, con frequenti interruzioni, l’effetto dell’articolo
2113 c.c., stante l’insufficienza della pianta organica. La
pretesa economica veniva, quindi, ridotta nei limiti dell’eccezione
di prescrizione formulata dalla convenuta e
precisamente dal primo atto interruttivo, previa detrazione
di quanto eventualmente percepito.

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